Per Maximiliana.. e le altre che non arrivano

Ho tradotto la storia di Maximiliana, la ragazzina indigena di un piccolo pueblo in Chiapas che ha avuto il coraggio e la determinazione di contnuare a studiare opponendosi al padre che la voleva confinata tra casa e campo, ed affrontando tutte le angherie e le ingiustizie che attendono una ragazzina indigena che esce dal suo pueblo e affronta la città, la scuola dove i compagni “acomodados” la deridono. A questo link il post originale storia di Maximiliana, dalla pagina Gallorojomx di facebook.

Vi invito a leggerla, così come lei la racconta, con le poche agiustature della traduzione, o in originale al link sopra:

“Mi chiamo Maximiliana Saintz Perez, sono originaria del municipio di Chamula, in Chiapas, dove ho terminato la scuola primaria e affrontai la mia prima sfida. Al concludere la scuola ebbi la prima discussione con mio padre per i vestiti per la “graduacion” (il diploma simile alla nostra terza media), che le mie compagne scelsero di indossare, a lui pareva non adatto.

A causa di questa disapprovazione mi proibirono di frequentare la Secondaria in una scuola vicina. Supplicai mio padre, che mai cambiò la sua decisione. Io avrei dovuto occuparmi dei lavori di casa e del campo, disse. Ma io resistetti.

Ho inizato il mio cammino abbandonando la casa ed andando a San Cristobal, dove pensavo dilavorare e studiare. Qui trovai la seconda sfida: non sapevo parlare lo spagnolo!

I miei compagni mi spingevano, si burlavano di me, ridevano. Io capivo appena quel che dicevano, ma ricordo bene la parola “india” usata come una pugnalata di odio. Io resistevo, studiavo ed imparavo lo spagnolo.

Le notti che passavo incollata a libri e quaderni si formavano idee nella mia mente. In tuttye io trionfavo, dimostrando ai miei familiari e a quegli studenti ben piazzati che una donna, india come mi chiamavano, sarebbe arrivata lontano.

Sul lavoro – che era compatibile con la scuola, – mi dicevano di cercare un marito, e di smetterla di soffrire, ma io non soffrivo, mi riempivo di rabbia, una rabbia che mi spingeva a cammi9nare più forte di tutti i diavoli che mi rincorrevano.

Fui lavapiatti, cameriera, aiutante di cucina e domestica. Niente mi impediva di andare a scuola, nemmeno l’abuso di cui fui vittima da parte di uno dei miei padroni.

Tenni per me il dolore, non avevo con chi sfogarmi. I miei genitori non dovevano sapere niente, perché quando andavo a trovarli sentivo le voci che dicevano “ Lei se ne è andata da sola, va a cercare marito, tornerà con un figlio!”

Appena terminata la secondaria, pensai al futuro e decisi di spostarmi a Tuxtla Gutierres a studiare per la maturità utilizzando lo stesso metodo: lavorare e studiare molto per mangiare e dormire poco.

Ho studiato nella Preparatoria n 5, con un orario dalle 7 della mattina alle due del pomeriggio, mentre lavoravo quando potevo, alternando mestieri di servizio, cameriera in una trattoria, lavorando quasi sempre dalle 4 del pomeriggio all’1 di notte.

È stata dura,  ma ho ottenuto il mio diploma di maturità. I miei genitori vennero alla consegna dei diplomi, non si notava, ma erano orgogliosi di me, e io di più.

A questo punto un amico, Carlos Albores, che studiava da bibliotecario nella Università Autonoma del Chiapas (Unach) mi disse: “non finisce qui, ora vierne l’ Università” e mi condusse a vederla.

Lì, di fronte alla massima casa di studi in Chiapas, pensai a mio padre, ricordai il suo lavoro come peone aiuto muratore e seppi quale era il mio prossimo passo: l’architettura.

All’inizio fu difficile seguire Architettura, perché alcuni compagni e persino alcuni docenti utilizzabano un aggettivo per cercare di bloccarmi. Mi chiamavano “loca” (matta) proprio come prima i ragazzi benestanti a San Cristobal mi chiamavano india.

La mia risposta fu la stessa di prima. Decisione, rabbia e lavoro. Mi dicevano che era uno studio caro, che mi sarebbe mancata la testa, il denaro ed il tempo. Ma non sapevano del mio vecchio metodo: studiare e lavorare molto e mangiare e dormire poco.

In questo momento di difficoltà apparve questo potere che gli studiosi chiamano “l’eterno assurdo”: la mano di Dio. Infine una professoressa della preparatoria mi chiamò e disse: “conosco i tuoi progetti, vieni a casa mia, ti offro vitto alloggio e lavoro e tempo per terminare la tua facoltà.”

Era la mia professoressa Helianeth Gonzales, e suo marito Antonio Mota, essi mi videro piangere, restare sveglia ed affrontare le molteplici complicazioni che il destino mi martellava, nella Università dove ottenni solamente una borsa di studio per gli alimenti.

Non ostante tutto oggi, una vita dopo essere uscita dalla mia casa, ho terminato gli studi di architetta e miei genitori vennero a ricevere la mia laurea; più che mai essi credono in me e nella possibilità che un essere minuscolo chiunque sia, sempre che lavori duramente, può cambiare le dinamiche e la propria storia e quella della sua vita e della sua gente.

Oggi mio padre proclama nel pueblo e nel campo, egli che mi voleva come moglie sottomessa, che uomini e donne egualmente possono ottenere ciò che desiderano. E questo mi riempie di orgoglio.

Adesso lavoro come professionista, e cerco un magistero, da studiare in Chiapas o all’estero, inoltre appoggerò le mie sorelle che prima lo fecero con me, ed ora studiano nella proparatoria a Tuxla, chiaro che insegnerò anche a loro il mio metodo per ottenere le cose.”

La storia di Maximiliana, la sua determinazione meritano un grande apprezzamento, ma io credo che essa dovrebbe farci riflettere ancora una volta sulle difficoltà immani che una bambina si trova ad affrontare se è india, sola e senza appoggi. Bisogna che sia davvero eroica per affrontare le difficoltà e le angherie che lei ha dovuto subire. Mi ha colpito particolarmente l’accenno al fatto che venne violata, solo un dolore in più, e nessuno con cui sfogarsi e parlarne. Sembra un passaggio inevitabile, un dato di fatto per una ragazza che lavora e studia lontano da casa, senza protezione alcuna.

PERCHÈ DIAMO QUASI PER SCONTATO CHE UNA RAGAZZA SOLA POSSA TROVARE UN UOMO CHE LA VIOLENTA? e lei stringe i denti e va avanti. Perchè invece della gioia di scoprire cose nuove ci troviamo di fronte al dolore ed alla rabbia che sostengono le motivazioni di questa ragazzina?

Solo molto più tardi arriverà l’insegante che la accoglie e la sostiene: lei e suo marito mi videro piangere, vegliare, affrontare le molteplici difficoltà che il destino mi propinava

QUANTE RAGAZZE SOLE SONO VITTIME DELLE DIFFICOLTÀ E SOCCOMBONO? PERCHÈ UNA RAGAZZA PER RIUSCIRE NON HA LE STESSE POSSIBILITÀ DI MOVIMENTO E DI SERENITÀ DEI GIOVANI “ACOMODATOS” CHE SI BURLANO DI LEI?

I genitori orgogliosi che finalmente riconoscono che lei può, con Maximiliana il giorno della laurea

 

 

Informazioni su ragionandoci

scrittrice, artista, mi piace riflettere sulle cose, scrivo poesie, racconti, ci ragiono e ne scrivo... sono responsabile delle edizioni per l' associazione Stelle Cadenti
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