Descolonizar la vida: 25 años aprendiendo del EZLN

Carlos Soledad 10 enero 2019 che cita Heriberto Guerrero

Propongo di seguito la mia traduzione di un articolo apparso in gennaio su Desinformemos, sempre sul tema di “decolonizzare” la vita

Benchè la modernità sia stata originata dalle centinaia di persone libere e creative dell’Età Media europea, divenne definita realmente nel 1942. In questo momento l’Europa si configurò come “l’altro” e da allora ha imposto violentemente il suo progetto civilizzatore sopra il resto delle alterità. Così l’ Occidente si collocò in cima alle relazioni di potere mediante un processo di razionalizzazione, eliminando al suo passaggio tutto quello che era “non europeo”. L’ultima versione di questo progetto moderno, la globalizzazione neoliberale, ha portato il pianeta al rischio di collasso. Assistiamo ad una autentica crisi di civiltà, le cui guerre, rifugiati e crisi climatiche sono l’elemento più drammatico.

Di fronte a questi fatti si impone la necessità di un progetto alternativo, benchè più di cinque secoli di imposizione occidentale sopra il resto dei progetti di mondo abbia generato un sistema di pensiero unico, duro da rosicchiare e difficile da distruggere. Non mi riferisco solo ai gruppi marginali neonazi. E nemmeno unicamente al sistema di credenze dei partiti politici ultras in Europa, como ora Vox in Spagna, o la idee promosse dal governo di Trump o di Bolsonaro. Mi riferisco in generale al pensiero moderno, che rinforza le distinte gerachie di potere: razziale, di genere, epistemica e linguistica, ecc.

In molti luoghi del mondo assistiamo anche al fenomeno del razzismo contro persone fuori del modello “occidentale eurobianco”, cioè negri, e negre, indios e indias, cinesi, ecc., in difesa degli ideali e dei valori della estrema destra. Si danno anche incarichi di potere a partiti politici e movimenti sociali neofascisti. É che, come segnalava Franz Fanon, “ con il fine di giustificare la conquista di un gran numero di popoli e territori, gli aggressori europei fecero tutto il possibile perché i conquistati credessero nella loro supposta inferiorità razziale, di modo che la oppressione si interiorizzasse e si perpetuasse. In questo senso il sitema scolare, una domanda “progressista”, è stato una chiave per riprodurre la colonizzazione del potere, utilizzando la “educazione” da un punto esclusivamente eurocentrico con l’obiettivo di perpetuare la colonialità del sapere.”

“Per i partiti politici e i movimenti di sinistra è molto difficile uscire dalla camicia di forza del pensiero moderno. Il razzismo per esempio, rende più complessi gli impegni emancipatori, così come lo fa il machismo e il classismo. Per questo un pensiero decolonizzatore rimarca la intersettorialità delle lotte. Non è possibile uscire dalla civilizzazione moderna, se ci concentriamo solo su una relazione di potere. Davanti alla attuale crsi di civiltà, è impossibile scommettere su alternative sistemiche se continuiamo a pensare dentro il segno del sistema capitalista, coloniale e patriarcale.”

“Però allora da dove cominciamo se gli stessi soggetti che desideriamo cambiare il mondo siamo colonizzati e colonizzate sino nel nostro intimo? Come risanare la terra ed i popoli che sono stati gravemente feriti? Come uscire dalla trappola dello sviluppo ecocida? Come evitare di riprodurre sistemi di oppressione? Come ci decolonizziamo?”

ZAPATISMO Y PENSAMIENTO DECOLONIAL

In questa direzione stanno lavorando i pensatori decoloniali da differenti contesti e ponendo accenti differenti. Vi sono le proposte del femminismo decolonizzato di Oyèrónke Oyewùmí e di Yuderkys Espinoza, il femminismo indigeno di Maria Lugones, la lotta delle donne migranti di Ursula Santa Cruz, la critica al razzismo e la intersezione delle lotte di Ramon Grousfoguel, la decolonizzazione del sapere di Bonaventura de Sousa, così come il progetto della transmodernità di Enrique Dussel, solo per nominarne alcune. Tutte queste dal mio punto di vista hanno l’obiettivo ultimo di decolonizzare la vita. Però sarebbe più ragionevole smetterla di progettare soluzioni dal nostro punto di vista ed ascoltare quelli che hanno più esperienza di resistenza e di costruzione di “un mondo che contenga molti mondi”. Sì, mi riferisco ai popoli indigeni del mondo, però specialmente mi riferisco alle ed agli zapatisti.

Lo scorso primo gennaio sono stati 35 anni di esistenza dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). 10 anni in clandestinità e 25 anni di vita pubblica del movimento sociale e politico più avanzato del pianeta, secondo pensatrici come Naomo Klein, Noam Chomsky o Immanuel Wallerstein. Quel giorno le e gli indigeni messicani si alzarono in armi contro il governo e contro il neliberismo. Si nascosero il viso per essere visti e scossero il mondo con la loro proposta: “Tutto per tutti, e per noi nulla!” Il loro arrivo rappresentò una nuova alba per la sinistra globale, completamente inebetita tra la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda.

Da allora, lo zapatismo è stato parte di un processo molto più ampio che riguarda la construzione di un modello alternativo davanti alla crisi di civiltà attuale; di un progetto culturalmente critico con la modernità occidentale capitalista, colonialista e patriarcale. L’EZLN , collegato ad esempio con il Consiglio Nazionale Indigeno, fa parte dei movimenti sociali e politici che Guillermo Bonfil Batalla denomina “messico profondo”. Lo zapatismo , anche per il mondo, la lotta per la vita e la diversità, controcorrente alla egemonia globalizzante.

Anche se il movimento zapatista ha sempre detto che non sono un avanguardia, – si tratta che ciascuno nel suo luogo nel mondo, costruisca “un altro mondo possibile”- è certo che i loro messaggi siano caricati di pedagogia liberatoria, per chi vuole ascoltare. Per esempio il suo portavoce, comandante Marcos, raccontava che “ il vecchio Antonio diceva che la libertà aveva a che vedere anche con l’ascolto, la parola e il modo di guardare. Che la libertà era che non avessimmo paura dello sguardo e della parola dell’altro, del diverso. Ma anche che non avessimo paura ad essere guardati ed ascoltati dagli altri. (…) Che la libertà non si trovava in qualche luogo specifico, ma che bisognava farla, costruirla collettivamente. Che soprattutto non si poteva costruire sopra la paura dell’altro, che benchè differente, è come noi””

L’ arrivo del EZLN ha rappresentato un nuovo mattino, una nuova alba per la sinistra globale completamente bloccata dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda

Questo testo del Sup può servirci da referenza. Si tratta soprattutto di impegnarci collettivamente nelle nostre comunità. Implica sbarazzarci del razzismo, del machismo, del classismo e tante altre oppressoni. E si tratta anche di non generare nuove oppressioni nel processo, così come di non mettere la nostra particolare oppressione davanti alle altre. Cioè non possiamo prescindere dagli uomini nella lotta femminista, dei bianchi antirazzisti, dalle classi medie. E nemmeno possiamo metterci al di sopra degli anziani o delle bambine. Consiste nel decolonizzarci tutte e fare pressione perché quelli “de arriba”, i “bianchi”, “gli uomini”, comincino a rinunciare ai loro privilegi.

Questo non vuol dire una lettura ingenua delle trasformazioni sociali. Capisco perfettamente che il lupo non dormirà mai con la pecora. E che ci sono persone così colonizzate che non riusciremo mai a recuperarle. Di fatto è molto possibile che esistano sempre queste relazioni di potere e che prima di risanare la Terra, l’umanità sparisca. Ciò che propongo è lavorare per ampliare un movimento di movimenti, dal basso, e che si costruiscano le condizioni perché la maggioranza delle persone al mondo viva con dignità.

Da qui possiamo comimnciare, certo il sistema coloniale ha fatto molto bene il suo lavoro e sarà difficile che i “moderni”, la sinistra “progressisa” ed i suoi intellettuali siano disposti a decolonizzare il proprio sapere. Come dice la nostra compagna Lola Cubells “ciechi di colonialismo proseguiamo sognando di inventare altri mondi, quando la resistenza delle culture originarie, e le loro filosofie – sp’ijil jol o’tanil/sabiduría del corazón ( saggezza del cuore) hanno costruito un’altra maniera di comprendere la vita molto necessarie per la crisi di civiltà in cui ci troviamo” Viva L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale! Viva i popoli indigeni del mondo!

*ASAMBLEA DE SOLIDARIDAD CON MÉXICO (PAÍS VALENCIÀ)

Este material se comparte con autorización de El Salto (https://www.elsaltodiario.com/el-rumor-de-las-multitudes/descolonizar-la-vida-25-anos-aprendiendo-del-ezln)

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Imparare a lasciar andare e mantenere quello che davvbero serve per avere un mondo nuovo, un mondo che contenga altri mondi… questa immagine del Serpente Piumato mi sembra pertinente.

Informazioni su ragionandoci

scrittrice, artista, mi piace riflettere sulle cose, scrivo poesie, racconti, ci ragiono e ne scrivo... sono responsabile delle edizioni per l' associazione Stelle Cadenti
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