Rubo il titolo a Maria G Di Rienzo perché credo che renda benissimo l’idea
Sto raccogliendo tutto quello che è emerso in una serie di discorsi sulla possibilità di pubblicare e sui libri, aggiungo qualche riflessione personale su quello che riguarda più direttamente me e le edizioni Stelle Cadenti che spero ci aiutino a comprendere che cosa ci possiamo aspettare e cosa no da questo mezzo:
Avevo la febbre, ed ero confinata a Gardone Val Trompia, a 500 chilometri da Bassano in Teverina, da Mario e dalla associazione Stelle Cadenti che aveva fatto i suoi primi passi a Bassano come associazione di artisti che si occupano di arte contemporanea.
La mia mente vagava tra progetti e sogni, uno ricorrente: se vinco alla lotteria metto su una casa editrice come dico io… – Per anni avevo collaborato con le Edizioni Bresciane e sapevo come era difficile, stancante e piacevole occuoparsi di libri e di una casa editrice. Enzo che la gestiva, teneva anche una rivista a cui io avevo collaborato. La casa era legata alla persona dell’editore, infatti una volta che Enzo non c’era più tutto si era chiuso, ed io avevo “ereditato” alcune cose, come un tirabozze ed alcune lettere da stampa, e varie risme di carta ritagli misure inusuali, che conservavo con cura – e poi un pensiero che mi attraversa la mente : perché aspettare? Perché non usare quello che ho, le poche risorse, i contatti, le energie, le possibili collaborazioni?
Stelle Cadenti era prima una mostra d’arte contemporanea, che si svolgeva dalla notte delle stelle cadenti, il 10 agosto, alla notte del passaggio del sole dal segno del Leone a quello della Vergine e da questo era nata l’associazione.
Nello statuto oltre a collegarci all’arte, avevamo messo la possibilità di editare libri collegati in qualche modo al tema, quindi libri d’arte, libri d’artista, ecc.

Un primo libretto in poche copie, una ventina, era nato da una serata con amici e compagni a casa di Franca, e dalla poesia che ne era scaturita. La veste “libro” della poesia era un foglio di cartoncino azzurro, piegato a metà con una sopracopertina di carta traslucida con dei segni arcobaleno che la attraversavano.
Amo molto quella prima poesia, e la sfida del libretto successivo, L’arte, la parola poetica e il misticismo, da una relazione di Miriam Marino per una conferenza, che mi era sembrata preziosa anche per i nostri temi. Dopo alcune prove esitanti, ne avevamo fatto un centinaio di copie ed avevamo affidato 20 copie ad ogni artista disponibile a collaborare perché ne facesse l’intervento che credeva (20 a Roberto Marino, 20 a Mario Palmieri, 20 a Giò Coppola, 20 a Giorgio Fiume e 20 a Venera Finocchiaro) è stato affascinante vedere come ogni artista si sia relazionato con il testo e la forma del libretto, chi ha giocato con la trasparenza del primo foglio, chi ne è stato disturbato, ma ne è venuta una opera preziosa in cui testo e struttura del libro si intrecciavano e creavano una serie di opere vive. Il testo era di poche pagine, e consentiva che il tutto venisse legato con una breve cucitura centrale, memoria di come mio nonno ricuciva in nuovi quaderni i fogli bianchi.
Poi sono venute le cartelle libro, Phoenix, con una piccola xilografia di Mario stampata su carta riciclata ed un foglio con la scritta a stampa con le lettere mobili , e Fleur/Blume, con un dipinto di un fiore di Mario e la stampa dedicata a chi all’inizio non aveva aderito alla guerra.
Un poco più articolato il libretto Cometa, con poesie ed “esplosione” centrale e copertina dipinta a mano in parte da me ed in parte con interventi di Grazia Marino, anche qui mi pare cento copie, Ci eravamo poi lanciati in un lavoro un poco meglio con Ingiustizia Infinita di Miriam, in cui venti copie contenevano un disegno orginale di Roberto Marino, e prima, sempre come cartelle, due interventi di Miriam legati alle donne della Bibbia, con disegni originali di Giorgio Gomel. Poi Maura mi aveva passato un suo aticolo sulla sessualità degli andicappati, una storia legata al sua figlia, e ne era nato un libretto “Mia figlia è una ragazza down” che è stato anche quello istoriato dall’intervento mio o di altri artisti.
Di seguito un libretto di Bruno Conte, suo il testo e le opere, e suoi i suggerimenti stilistici che ho utilizzato spesso per la casa editrice.
Soprattutto per la impostazione della copertinma del libro sul libro campo di Mirella Bentivoglio.

Poi uno proposto da Bruno Conte, con l’opera di un poeta che non conoscevamo personalmente, e che si rivelò difficile e con alcune difficoltà di comunicazione. Il che mi ha portato a decidere che avrei fatto libri, o libretti, libroidi, libri d’artista, quel che volete, solamente con persone che conoscevo personalmente e con cui avevo una buona interazione. Piano piano qualche libro un po’ più consistente, sia mio che di Miriam, e poi le poesie di Giuseppe Spinillo, in cui io interagivo con il testo inserendo un’opera originale sempre sulla ventina di copie, o comunque c’era un inserto con un’opera e poesia, oltre a cercare di creare un intreccio tra poesia ed immagine.
Tutto questo, e il seguito, no copy right, contro ogni vincolo, al massimo Creative Commons
La sfida più stimolante e che mi ha portato un po’ oltre è stato il primo libro che mi ha proposto Maria G. Di Rienzo: un romanzo breve, una storia che mi affascinava e che sotto la traccia del racconto fantastico affrontava molti temi importanti. Ho lavorato molto a trovare un intreccio tra disegni e testi, sfidando gli scarsi mezzi tecnici di cui disponevo e ne è venuta una prima edizione molto limitata, con la copertina e sopracopertina con stampa a mano e assemblata in modo artigianale, cucita da me in fascicoli riuniti in un libro: il commento di mia figlia è stato che era troppo complicato, troppo grande da portarsi dietro, e poco maneggevole… La seconda edizione ha segnato l’inizio del rapporto con la copisteria che da allora supporta e sopporta le mie fantasie editoriali, carta riciclata e comunque nessuno spreco di fogli inutili, che forse darebbero aria al testo, ma credo che sperimentare il modo meno dispersivo di usare la carta sia importante oramai. Una opera di Mario Palmieri accompagnava anche qui le prime copie.
I due libri di Maria Teresa Messidoro sono nati dalla collaborazione e dalla stima reciproca, e mi piacciono molto.
Come si vede da questa piccola panoramica retrospettiva è evidente che le edizioni Stelle Cadenti sono gestite quasi in toto da me,Mario Palmieri è il presidente dell’associazione , e Miriam Marino mi ha supportata e sostenuta sia con la lettura dei testi e la correzione delle bozze che con critiche e proposte. Aveva fatto persino un corso di editing e di editoria, ed ovviamente le ricadute sui nostri libri si sono viste.
C’è stata anche qualche esperienza negativa, da chi si aspetta più di quel che puoi dare, e pretende sostegno e formazione ma non rispetta i tempi e non riconosce nessuna delle richieste che le vengono fatte, il che mi ha reso ancora più prudente nella gestione del tutto.
Il tutto ha un costo, di tempo, di emozioni, di soldi per gli strumenti informatici, la stampa. Costi quasi sempre anticipati da noi e ben poco rientrati con le vendite dei pochi libri che siamo riusciti a far circolare. Se poi si aggiungono i costi di partecipazione alle fiere, che siamo riusciti a ridurre al minimo facendo i salti mortali, accettando inviti solo a luoghi raggiungibili dalla abitazione di parenti ed amici, salvo le tre giornate a Mainz, alla fiera della mini editoria del centro Gutemberg, è evidente che ad un certo punto non si può più proseguire a giocare. Altre fiere le abiamo organizzate noi, ma la risposta del territorio è sempre stata minima a meno che non fossimo inseriti in una manifestazione più ampia.
Alcune volte gli autori hanno partecipato, in genere comprando una certa quantità di copie, una cinquantina, oltre alle trenta che io gli do in genere come riconoscimento del loro apporto al progetto, dato che non ho una contabilità ne la possibilità di riconoscere diritti d’autore, sapendo che non andrò mai a coprire nemmeno le spese vive. E il rifiuto del copy right è per noi una questione fondamentale, in questo mondo proprietario ed egoista
In questa storia si inseriscono ovviamente anche i miei libri, quelli di Miriam e di Mario, che sono una parte importante della nostra produzione. Nel momento in cui sia Miriam che Mario hanno voluto dare un poco più di circolazione e di ali ai propri scritti si sono rivolti ad altri, case editrici con un minimo di struttura, anche se tutte sembra non si muovano molto con la promozione e questa dipende dalla capacità dell’autrice o autore di promuoversi, di muoversi per presentare il proprio libro, di proporsi, e i tempi sono sempre lunghi.
E qui una riflessione personale: io ho scelto di non contattare case editrici strutturate, ho scelto di non partecipare a concorsi di scrittura e dopo aver partecipato ad uno proposto da un gruppo di donne, ho valutato che io sono comunque sempre fuori, su un’altra lunghezza d’onda, che non voglio e non posso piegarmi nemmeno un poco ai canoni del mercato, e quindi pubblicare da me, far circolare i miei libri tra persone amiche o che hanno interessi in comune è quello che mi da più piacere. Certo, mi piacerebbe che il mondo intero mi conoscesse, ma se il mondo non scende ai miei patti io mi chiamo fuori, creo, organizzo e stampo i miei libri, li proprongo nei momenti di incontro sul tema, li passo ad amiche e compagne che sono interessate, e non so vendere, non so promuovermi in modo più attivo, non riesco a fare per me quello che faccio per gli altri e le altre, e quindi prendo atto di questo, cerco di darmi una mossa, ma non so fino a che punto voglio impegnarmi in questa direzione. Mi da ovviamente sollievo e soddisfazione avere riscontri, spesso inaspettati, o vedere che cose mie magari datate incontrano l’ apprezzamento degli altri, ma oltre non riesco ad andare.
In questi anni ho ragionato molto sul discorso movimento-pubblicità, sistema dei libri, con un rifiuto più volte espresso su tutto quello che comporta il sistema, per cui si vendono i libri come si venderebbe qualsiasi altro prodotto, e in fondo, la pubblicità data da un piccolo scandalo, una passata in televisione, sono uno strumento di vendita come un altro. Questo ovviamente non mi piace, e credo che bisogna studiare un sistema di far circolare le cose di più in modo utile, internet su questo piano potrebbe servire. Qualche intervista a radio sulla stessa lunghezza d’onda serve, anche perché puoi parlare ricevendo un rimando a quello che dici.
Rileggo e vedo che mancano molte cose, aggiungo come stanno le cose ora, mentre sono qui bloccata da una stupida caduta in casa, per cui ho due dita del piede rotte e devo stare a riposo.
Anche questa è una lezione da imparare, lasciare che le cose vadano, che siano gli altri ad occuparsi un po’ di me. L’avevo detto quando ero al corso a san Cristobal, “devo imparare a lasciare che gli altri ci si occupino di me”.
In Italia sento l’eco del blocco diffuso per il coronavirus, e mi rendo conto che tutte le nostre vite sono precarie, appese a eventi che riusciamo sempre meno a controllare e prevenire, e con cui dobbiamo fare i conti. Con un sostpiro di sollievo ho ricevuto dei messaggi di solidarietà e non arrabbiati su questo tema del blocco, e mi rendo conto che le reti virtuali in questo momento sono una cosa importante e magari possono servirci a non isolarci e restare in contatto.
Con tutto ciò sono meno attiva del solito, comincio a pensare che l’età comporti anche dei limiti e delle lentezze, ma non voglio arrendermi, se mai lasciare un poco che questo germe che stiamo gettando cresca nonostante me e le mie limitazioni…
